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XII CONCORSO INTERNAZIONALE
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Premiazioni dell'edizione 2009

Premi del PEN Club Trieste


Hugo Beccacece


BECCACECE O IL DONO DELL’EQUILIBRIO

di Juan Octavio Prenz
(Presidente della Giuria del Premio)

In un articolo apparso nel 1997, che porta il suggestivo titolo di Le cose che vincono la morte, lo scrittore argentino Jorge Fernández Díaz, giudica il suo collega Hugo Beccacece come il più grande editore del giornalismo culturale degli ultimi trent’anni in Argentina. Chi scrive queste righe confessa di aver sempre provato una grande ammirazione per questo mestiere che gli è spesso parso più interessante e misterioso di quanto potrebbe sembrare a prima vista.

Hugo Beccacece, scrittore e giornalista argentino, ha vinto quest’anno il Premio “Scritture di frontiere”, promosso dell’Associazione Altamarea e assegnatogli dal PEN Club Trieste, per il suo lavoro nel campo della saggistica, della traduzione e della collaborazione culturale. Questa distinzione si aggiunge ad altre importanti come il Premio Konex di platino, assegnatogli dalla Fondazione che porta lo stesso nome, per essere stato considerato il critico letterario argentino più importante nel decennio 1987–1997. Inoltre, Beccacece è stato nominato Chevalier des Art et des Lettres in Francia e Commendatore dell’Ordine della Solidarietà italiana, titolo che gli è stato conferito dal Presidente della Repubblica C. A. Ciampi.

Fra tutti i mestieri collegati alla letteratura, forse il più difficile e scomodo è proprio quello di caporedattore del supplemento culturale di un giornale, ancor di più se i giornale in questione è La Nación, uno dei più prestigiosi di lingua spagnola, che per più di un secolo ha accolto nelle sue pagine collaboratori importanti della letteratura, non solo argentina, ma anche mondiale. Hugo Beccacece, è stato per più di dieci anni caporedattore del supplemento letterario e dal 2007 ricopre lo stesso ruolo nella nuova rivista ADNcultura dello stesso giornale. E’ un mestiere il suo che esige, oltre a capacità professionali e a conoscenze teoriche e storiche della letteratura e della cultura in generale, alcune qualità che coinvolgono aspetti politici, etici, psicologici, tra gli altri, e soprattutto, una creatività molto particolare. Arduo mestiere dove pronunciare la parola , gratificante per il caporedattore e il suo interlocutore-scrittore, è, semplicemente, una felicità, e dove la parola no, invece, può assumere per chi la riceve i connotati più diversi, anche drammatici talvolta, malgrado il suo preciso significato di base. Come si sa, il mondo della letteratura non è, in se stesso, complicato; quello che è, di solito, complicato è il mondo quotidiano degli scrittori. Chi prova una certa ammirazione per questo mestiere di caporedattore, si domanda come si riesca a intrattenere un buon rapporto con gli scrittori, così narcisisti come sono, anche dopo aver pronunciato il fatidico no. O, come si riesca a mantenere la concentrazione passando, in breve tempo, da un testo all’altro. O ancora, come si riesca a mantenere alto lo spirito critico e uscire incolume, nel bene e nel male, dopo la lettura di tanti testi. Occorre, di sicuro, anche una buona dose di umorismo. Nell’ambiente letterario di lingua spagnola, sono manifeste queste qualità di Beccacece, indipendentemente da coloro che si sono sentiti dire di o di no da lui.

Negli anni Sessanta è stato collaboratore della celebre rivista Sur, fondata da Victoria Ocampo. Saggista sottile e penetrante, senza mai fare facili concessioni al lettore, i suoi articoli e saggi sono apparsi anche in altri prestigiosi giornali, come il ABC di Madrid, El Mercurio cileno, El Universal di Città del Messico, ecc. Nel suo bel libro La pereza del príncipe (La pigrizia del principe) – una galleria di personaggi rappresentativi del secolo scorso: Borges, Maugham, Capote, Tomasi di Lampedusa, ecc.– , il lettore può apprezzare la sua prosa elegante, ma non per questo meno incisiva, così come il suo pensiero chiaro e le sue argute osservazioni, fatte anche con l’occhio e l’indulgenza del filosofo. Non invano, Beccacece si è laureato in filosofia.

In questo suo responsabile lavoro come caporedattore, Beccacece ha rivolto un’attenzione ricca e particolare alla letteratura di queste parti, inclinazione alla quale è stato iniziato dal padre, che gli inculcò l’amore per la cultura italiana. La sua attività in questo campo è stata molteplice. Ha intervistato personaggi importanti, ha tradotto e pubblicato articoli di scrittori italiani, e lui stesso ha scritto dei saggi molto belli, di una particolare acutezza critica. Solo per citare alcuni scrittori della nostra regione, hanno meritato la sua attenzione, tra gli altri, Pasolini, Magris, Pressburger, etc. Il suo lavoro ha puntato sempre a mantenere un alto livello letterario e un costante equilibrio critico, a cui va sommato un delicato criterio estetico, attributi che ha portato avanti senza stridori e con dignitosa umiltà.

Beccace può essere definito come un signore della letteratura, come uno che, in un mondo di pericolose omologazioni, crede ancora nella grande (mi si perdoni questo aggettivo, che a qualcuno potrebbe sembrare quasi un pregiudizio) letteratura. In un’epoca di best–seller prefabbricati, in cui il lettore diventa sempre di più un consumatore, il nostro autore ha dato indizi incontrastabili di voler puntare sulla qualità. Senza toni apocalittici, si può dire che Beccacece incarni il tipo di intellettuale che si batte per la sopravvivenza della letteratura.

Nel suo ricco percorso intellettuale, Beccacece ha partecipato nelle attività di diverse istituzioni americane ed europee, ha insegnato all’Università di Boston, ha tenuto conferenze a Chicago e all’Università di Siena, ecc. Il suo nome si trova nelle giurie di importanti premi letterari. Ha affrontato anche la narrativa. Una cuestión de estilo (Una questione di stile) è il titolo del romanzo che la Randon House Mondadori pubblicherà il prossimo anno.

In un ambito, dove il successo spesso viene perseguito a scapito della qualità, Beccacece ha scelto il profilo basso, segno di una vocazione irrinunciabile che rivendica, come una condizione fondamentale della scrittura, la necessità d’espressione, lo scrivere solo quando non si può tacere e si ha qualcosa di dire. In questo senso, possiamo dire che il nostro autore fa della letteratura un vero cammino di vita. Lontano dalle facili tentazione delle mode effimere, Beccacece, seppur attento alle sollecitazioni del nostro tempo, si concentra su quei valori che possono meritare una certa qual posterità. Non manca nei suoi scritti l’ironia e una certa tenera indulgenza che ci riporta verso la nostra dimensione più umana.

Parafrasando Wintgestein, si può dire che ci sono fatti che non arriveranno mai alla parola, ma che quelli che arrivano devono essere detti chiaramente. Anche qui troviamo un pregio di Beccacece, il quale, lontano da qualsiasi retorica, usa i mezzi adeguati per esprimere con chiarezza ogni concetto. Siamo convinti che sia questo stesso atteggiamento a guidarlo nel suo lavoro di caporedattore culturale, nel quale la selezione e la preparazione del materiale, la gerarchizzazione dello stesso, le preferenze, la selettiva utilizzazione dello spazio, assumono un’importanza simile a quella del risultato finale.

Nella sua scelta, il PEN ha voluto premiare l’attività complessiva di Hugo Beccacece nel campo della letteratura, sottolineando l’importanza crescente delle interrelazioni letterarie in un mondo che è sempre più piccolo e interdipendente. La letteratura italiana non può che rallegrarsene.

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